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Troppi Dubbi sul Pasticciaccio Indiano
Di Admin (del 07/03/2012 @ 16:06:42, in Parliamo di...)
di Emmanuela Monego
Impostare un discorso sereno sulla vicenda dei due militari italiani del San Marco prigionieri in India è estremamente difficile, e richiede un grande sforzo di oggettività. Fingiamo quindi, in nome dell’imparzialità,di dimenticarci per un attimo che il Battaglione San Marco è una delle punte di diamante delle nostre Forze Armate, e che chi ne fa parte viene impiegato nei teatri operativi di maggior impegno, laddove si richiedano il miglior addestramento e la massima affidabilità: naturalmente sarebbe corretto pretendere onestà e obiettività di ragionamento anche dall’altra metà dell’opinione pubblica, quella di chi scrive ACAB sui muri degli stadi, di chi chiama “pecorelle” i Carabinieri in tenuta antisommossa e di chi ritiene che i militari italiani partecipino alle missioni all’estero per comprarsi la casa o la macchina nuova. Facciamo finta per un momento che anche questi italiani siano in grado una volta tanto di pensare e di leggere in buona fede, ed esaminiamo con occhi il più possibile estranei e imparziali, oltre che inesperti (se non addirittura ignoranti) delle problematiche inerenti regole di ingaggio, perizie balistiche e linguaggio diplomatico, quei dati inoppugnabili che costituiscono la premessa di tutta la vicenda.
Il team di militari imbarcato sulla petroliera italiana si trovava lì per proteggere la nave, nell’interesse della compagnia armatrice e a tutela dell’incolumità dell’equipaggio; il quadro d’insieme in cui attuava è la missione antipirateria, progettata ed eseguita in un contesto internazionale contro un nemico senza volto, senza connotazioni esterne precise ma con mobilità ed efficacia di attacco tali da rendere insufficiente la sola presenza protettrice delle navi da guerra, sia pure numerose in quella zona. Può essere che i due soldati italiani abbiano davvero sbagliato, e che per eccesso di difesa abbiano rivolto il fuoco contro un natante innocuo?
Ammettiamo pure ciò che al momento è ancora indimostrabile, quanto meno alla luce del comune buon senso e di una disinteressata buona fede: si pone però urgente l’interrogativo del perché l’India abbia impedito ed ancora impedisca la partecipazione dell’Italia allo svolgimento dell’inchiesta, del perché si sia opposta con tanto accanimento alla presenza non solo diplomatica quanto soprattutto tecnica dell’altra nazione coinvolta. Chi ritiene di agire in modo giusto, chi desidera chiarezza e verità non ha niente da nascondere, anzi dovrebbe avere interesse a far luce da più punti possibile  -una luce che sia concorde- fra le ombre che gravano fin dall’inizio su di un episodio come questo. E invece, a cominciare dal tranello indegno e meschino con cui la nave da carico è stata attirata in acque territoriali indiane per essere poi bloccata con la massima tranquillità, la condotta delle autorità locali appare sicuramente eccepibile per più versi, per non parlare poi della copertura mediatica urtante e disgustosa.
Mettendo da parte (e ci vuole davvero tanta buona volontà….) per un attimo l’umiliazione inflitta ai nostri due militari, definiti “Banditi del mare italiani” dal titolo che sovrasta la loro foto in maglietta a maniche corte sulle copertine delle riviste locali, viene anzitutto da chiedersi chi e cosa debba coprire e proteggere il governo indiano con questa condotta, e a favore di chi vada il sacrificio del capro espiatorio: e su questo terreno ogni congettura è non solo valida, ma anche pienamente legittimata. La seconda domanda, se vogliamo ancor più cruciale, è quale credibilità e rispettabilità possa avere ancora l’Italia sul piano internazionale, visto il fiasco del governo precedente, nonostante accampasse le più sacrosante ragioni, nell’ottenere l’estradizione del terrorista Battisti, delinquente e assassino conclamato, che continua a campare felice e contento in Brasile alla faccia nostra ; e visto che le note di protesta che in questi giorni il ministro Terzi ed i suoi rappresentanti diramano e diffondono dalla Farnesina pare abbiano un’efficacia misurabile unicamente sulla parte negativa della scala algebrica, vale a dire inferiore allo zero. Alla luce di tutto ciò non si può fare a meno di pensare ancora una volta: ma ne vale la pena?
Considerato che la nave mercantile, una volta consegnati gli incomodi responsabili dell’incidente e fatti i rilievi richiesti se l’è prontamente svignata (il tempo è denaro e il business è business, nessuno lo mette in dubbio….), che la compagnia armatrice non parteciperà di sicuro al pagamento della cauzione per la libertà dei due nostri marò, che la comunità internazionale (a cominciare dall’Unione Europea) ha fatto prontamente marcia indietro ribadendo che la gestione del guaio è solo italiana, e visto (la realtà è impietosa….) che un’eventuale mobilitazione di opinione pubblica sarebbe minima se non nulla, non è meglio a questo punto lasciare che ognuno se la sbrighi da solo, che le navi mercantili arruolino e paghino di tasca loro i propri Rambo protettori (o la libertà dei loro marinai, qualora finiscano catturati) e che i militari italiani siano gestiti soltanto per gli interessi nazionali e per la difesa nazionale, sotto la sola sovranità della nazione italiana? Il che significherebbe ognuno per sé e Iddio per tutti: Iddio, o Allah, o Buddha o comunque diavolo lo si voglia chiamare, a seconda delle convinzioni e degli interessi dei suoi devoti.
        

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# 1
La voglia di mollare è tanta per gli schiaffi che arrivano da tutte le parti ma poi cosa rimane???
Di  pocodebono  (inviato il 09/03/2012 @ 15:50:25)
# 2
pocodebono, restiamo noi e siamo molto importanti , non dobbiamo darla vinta ad alcuno, forza
Di  pb  (inviato il 09/03/2012 @ 18:07:44)

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