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La violenza si scatena dove non si sa più parlare  

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Siamo tutti pre-okkupati....
Di Admin (del 07/12/2010 @ 19:08:32, in Parliamo di...)
Di  Manuela  Monego
Una quarantina d’anni fa all’università e a scuola si combatteva: scontri, sberle, spintoni, catenate potevano accompagnare facilmente scioperi ed occupazioni, tanto che molti genitori e studenti timorosi si rivolsero alle scuole private (specialmente a quelle religiose) che assicuravano un ambiente tranquillo ed uno svolgimento puntuale delle lezioni. La lotta studentesca per la partecipazione nella scuola finì, paradossalmente, per regalare frequentatori agli istituti a pagamento, e per gettare discredito sulla struttura pubblica, minata dalla fama del sei o del diciotto politico. La generazione seguente non ha conosciuto spranghe e lacrimogeni; nelle scuole di oggi l’autogestione è diventata una prassi annuale come gli scrutini o la cena di fine anno, una sorta di pausa lavori da regolare bene per non dover recuperare il tempo perduto nello svolgimento dei programmi con un rovinoso corri corri. Improvvisamente, come riecheggiando le polemiche e le tempeste legate alle vicende di questo tormentato governo, gli studenti di licei ed atenei hanno riscoperto l’occupazione come forma di protesta spontanea, attuandola in tempi rapidi e coordinandone l’organizzazione, grazie anche a Facebook ed a MSN, con continui aggiornamenti. I modi di attuazione sono stati però differenti da un istituto all’altro: da una parte la “vecchia maniera” (“Tutti fuori!!!” e il picchettaggio per non far entrare i compagni all’orario di ingresso), dall’altra una o più civili assemblee, spesso alla presenza di Preside e professori, in cui gli studenti hanno discusso, hanno votato, hanno deciso. C’è chi ha trascorso le notti a scuola per evitare lo sgombero dell’istituto e chi si è presentato solo di buon mattino, c’è che ha imbrattato e sbombolettato le pareti delle aule e chi ha pulito le classi, chi ha riscoperto il dibattito politico e chi ha organizzato tornei di calcetto: l’attività didattica è stata in ogni caso sospesa. Sono pochi, in rapporto alla popolazione scolastica di ogni istituto, gli studenti che muovono le leve della protesta e la trasformano in azione pratica: la massa segue, spesso disinformata ed ignorante (sui contenuti del tanto contestato ddl Gelmini la disinformazione è tale da far persino sorridere, con tutta la più buona volontà) ma spinta da una buona dose di malumore che non va sottovalutato, o subisce, rimanendo a casa ed evitando di mettersi nei guai perché, questo lo sanno tutti, occupare è un atto illegale e può esporre a sanzioni anche penali. E’ legittimo chiedersi, a questo punto, quale sia il frutto concreto, il risultato pratico e positivo dell’occupazione; infatti per dire “Questo non mi va, non sono d’accordo” esiste lo sciopero bianco, e ancor meglio, senza prendere posizioni personali censurabili, esistono le manifestazioni di piazza con cori, striscioni e tutto il resto. Il blocco dell’attività didattica è prima di tutto un blocco nell’organizzazione mentale di studenti e professori, a maggior ragione nelle scuole (che non sono poche) dove l’anno scolastico è diviso in un trimestre ed un pentamestre e dove, fra più o meno una settimana, tirerà già aria di scrutinio e di pagelle. Specialmente per gli studenti del primo anno, ancora disorientati dal passaggio alle superiori, dieci giorni di scuola possono essere indispensabili per migliorare una media insufficiente, per arrotondare quel mezzo punto che permetterà un punteggio pieno: ma questo sembra poco importante. E allora l’occupazione rischia di tradursi in un ennesimo autogol degli studenti: i professori se ne stanno a casa, sfruttando il tempo libero per gli affari propri e ripromettendosi di riguadagnare a marce forzate il tempo perso e il mondo non cambia, anzi diventa ancor più difficile, per i piccoli, da conquistare. Anche perché lo “studente vero” resta a casa ma non per studiare: vegeterà tutto solo davanti al PC o al televisore, perdendo il ritmo dello studio ed il filo del discorso, e i genitori premurosi decideranno, alle brutte, di mandarlo a ripetizione perché non rimanga indietro, con tutto vantaggio e guadagno di chi impartisce lezioni private di latino, greco, matematica o inglese. Risultato plausibile, anzi ovvio, frutto non di qualche speculazione nascosta bensì della semplice mancanza di buon senso: perché il semplicissimo senso pratico, banale ma salvifico nelle situazioni più complicate e drammatiche, di fronte ai conflitti ideologici o agli scontri per la gestione del potere conta meno di zero. Ed è difficile dubitare, per come stanno le cose, che l’Italia stia velocemente affogando per la totale mancanza di buon senso.
        

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# 1
la situazione e' proprio questa, nulla di nuovo. La scuola dovrebbe essere un momento di crescita dei ns. figli sia intellettuale che caratteriale invece e' solo un passaggio chi nella propria indole ha voglia di migliorare di imparare , imparara, grazie a lui o anche a qualche bravo professore che insegna per passione" ce l'ha nel sangue" si dice , poi gli scioperi , le occupazioni o meglio come scrivono loro "okkupazioni" non hanno mai fatto male a nessuno , si accorgeranno dopo che hanno solo perso tempo . E' un giro . Le scuole private danno una maggiore stabilita' , le suore insegnano perfettamente l'italiano (cosa da non sottovalutare) ma forse non danno qualche cosa di altro , forse la liberta'??'. Credo a questo punto da esperienze personali che forse e' meglio , "la bacchetta", ma , RICORDANDO ,quanto era bello fare "sciopero" con i compagni di scuola ,forse l'ultimo momento spensierato della vita
Di  PB  (inviato il 09/12/2010 @ 08:25:45)
# 2
C'è qualcosa che non va nella scuola italiana se la preparazione media dei giovani che si affacciano al lavoro è bassa. Lo si vede anche rispetto alla professionalità espressa sul lavoro, che stenta ad essere adeguata nei primi anni lavorativi. Quando guardo i nostri giovani vedo il medico che dovrà curarmi, l'architetto che farà le case che abiterò, l'ingegnere che farà il treno su cui viaggerò e mi preoccupo un pò. Le ideologie hanno fatto molti danni e continuano a farne, mi chiedo che ne sarà dell'Italia se si divide tra chi ancora oggi predica le occupazioni ed il sei politico e chi parla di formazione e meritocrazia ma alla guida delle società non mette il più bravo ma il parente, il nipote e l'amante, condannando i meritevoli alla precarietà.
Di  Luisa C.  (inviato il 10/12/2010 @ 17:40:08)

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