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L'occhio dello Storico
Di Maradona (del 27/01/2012 @ 16:54:22, in Parliamo di...)
Quando qualche studente chiedeva come si fa la ricerca storica. Rispondevo sempre con franchezza: la ricerca tutta e quella storica nello specifico la si fa con la mente scevra di pregiudizi ma, soprattutto, non pensando di avere già la risposta in testa perché il prezzo sarebbe un risultato falso. Volevo, quindi, ribadire che, solo risalendo alle fonti, si può fare vera ricerca e quella storica è la madre di tutte le ricerche, perché se un Paese non sa da dove viene non può capire il presente e pensare di costruire il futuro.
Fra gli appunti ed i dati di una ricerca ancora non conclusa ne emergono alcuni interessanti che afferiscono il come e da chi fu realizzata una parte consistente dell’unità nazionale.
Giovanni Aceto nel volume De la Sicile et de ses rapports avec l’Angleterre del 1827, il cui originale è presso la Harvard Universiity, così scriveva: “ la Sicilia per l’Inghilterra non rappresenta soltanto un importante avamposto strategico da preservare ad ogni costo dalla Francia, ma costituisce il centro di tutte le operazioni politiche e militari che il Regno Unito intende intraprendere in Italia e nel mare Mediterraneo”. Bisogna qui evidenziare che, oltre all’aspetto geopolitico per la strategica posizione dell’isola, l’Inghilterra importava dalla Sicilia vino, olio d’oliva, agrumi, mandorle, nocciole, sommacco, barilla e, soprattutto, zolfo per la preparazione industriale dell’acido solforico, la soda artificiale e, in primis, la polvere da sparo. QUINDI L’INTERESSE ERA ALTISSIMO.
Il politico inglese William Ewart Gladstone, dopo aver soggiornato, per circa quattro mesi tra l'autunno del 1850 e l'inverno del 1851, a Napoli, iniziò a sostenere gli oppositori di Ferdinando II Re delle Due Sicilie. A tal riguardo scrisse due lettere, in cui descriveva la «terribile condizione» del Regno delle Due Sicilie, definito la «negazione di Dio». Le accuse di Gladstone, tuttavia, suscitarono forti dubbi ed ebbero anche diverse confutazioni in Italia ed in Europa. Anni dopo lo stesso statista inglese avrebbe ammesso che quelle lettere erano state scritte senza una diretta conoscenza dei fatti.
Nel gennaio del 1855 Ferdinando II non aderì alle pressioni inglesi a partecipare alla guerra contro la Russia alla quale aderì, invece, Cavour con la spedizione in Crimea. Il 7 agosto 1855 Henry Jhon Temple, visconte di Palmestan, diventato Primo Ministro del governo di Sua Maestà denunciò alla Camera che “il Borbone si era alleato con la Russia e che, in tal fatta, aveva dimostrato sfrontatamente la propria ostilità a Francia ed Inghilterra”. Non contento di ciò finanziò una missione, con i fondi del Tesoro britannico, per liberare Luigi Settembrini, Silvio Spaventa e Filippo Agresti, ma l’operazione fallì e, allora, si scagliò contro il capo della polizia borbonica Orazio Mazza, di cui chiese il licenziamento. Tutta questa invasiva azione fu appoggiata dal Times col quale aveva concordato e sollecitato un appoggio incondizionato, tant’è che il quotidiano londinese si spinse a chiedere addirittura “una spedizione punitiva con navi britanniche”. A tali articoli rispose il Ministro degli Esteri con una nota nella quale affermava che “il governo di Sua Maestà non poteva non tenere conto dell’opinione pubblica……………”. Notare la simmetria, molto cara ai nostri giorni, fra l’opinione di un giornale elevata al rango di quella dell’opinione pubblica. Chissà cosa ne pensavano veramente le centinaia di migliaia di bambini che erano la spina dorsale dell’industria di Sua maestà. Fu solo l’intervento della Regina Vittoria a fermare questa escalation che, in una nota riservata, scrisse testualmente: “La Regina, dopo aver esaminato la documentazione da Voi allegata, ha espresso la più decisa contrarietà ad una dimostrazione navale che, per essere efficace dovrebbe contemplare la possibilità di un’apertura delle ostilità”.
Anni dopo James Howard Harris, Ministro degli Esteri, nelle sue memorie scrisse che “le torture inflitte a Poerio furono, a mio parere, inventate di sana pianta”.
Agli atti del Parlamento britannico si trovano, inoltre, diversi elementi interessanti fra cui quelli di:
a)      Pope Hennessy, conservatore, che definì le intromissioni britanniche nel Regno delle due Sicilie un “dirty affaire” (uno sporco affare) e denunciò “la furiosa repressione dell’armata piemontese che si era macchiata di crimini contro l’umanità ben più efferati di quelli imputati a Ferdinando II e al suo erede”;
b)      George Cavendish Bentink che mise in evidenza il fatto che “era stato commesso un grosso errore per la Gran Bretagna provocare quel grande incendio nell’Italia del Sud, in violazione di tutte le leggi internazionali”;
c)       Henry Lennox, stretto collaboratore di Disraeli, che affermò “sostituire il dispotismo di un Borbone con lo pseudo liberalismo di un Vittorio Emanuele era stato un grande sbaglio. Anche perché, così la Gran Bretagna, aveva prostituito la sua politica estera appoggiando un’impresa illegittima e scellerata che aveva portato all’instaurazione di un vero e proprio regno del terrore”.
 
Re Ferdinando morì il 22 maggio 1859 ed il suo erede fu Francesco che si era sposato con Maria Sofia di Baviera, sorella dell'Imperatrice Elisabetta d'Austria, detta "Sissi".
Il 31 luglio 1860 il diplomatico Henry George Elliot scrisse al Foreign Office che “numerose bande camorristiche erano pronte a scendere in campo per contrastare, armi alla mano, la mobilitazione dei popolani rimasti fedeli ai Borboni, per presidiare il porto in modo da facilitare uno sbarco dei piemontesi e per controllare le vie d’accesso a Napoli e per rendere possibile l’ingresso di Garibaldi”.
In conclusione Benedetto Croce, circa un secolo dopo, nella Storia del Regno di Napoli scrisse che “Ferdinando II, re dal 1830, tenne in politica estera una posizione di vicinanza alla Francia, si allontanò dalla tutela dell’Austria e mantenne sempre un contegno non servile verso l’Inghilterra” l’unica potenza planetaria dell’epoca. E come tutte le grandi potenze aveva attuato una politica di interferenza e di sostegno economico e di opinione contro lo stato borbonico.
        

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# 1
e dopo tanto sapere ...una battuta.. Il Signore dopo aver fatto la Sicilia guardo Giu' tra le nuvole e disse "La Sicilia e' troppo bella, per compensare ci metto i siciliani
Di  Pb  (inviato il 31/01/2012 @ 14:41:24)
# 2
se è una battuta passi, anche se battute e luoghi comuni nulla hanno a che fare con l'occhio dello storico
Di  Cip&Ciop  (inviato il 31/01/2012 @ 15:15:10)
# 3
era una battuta , io amo la Sicilia e pure i siciliani , e l'articolo e' profondo come sempre, ma in questo periodo e' bene anche ridere un po', e il professore sicuramente sa che in un constesto scolastico , per far amare specie la storia, bisogna anche fare qualche intermezzo simpatico. Io amo sia la Sicilia che i suoi abitanti
Di  pb  (inviato il 31/01/2012 @ 17:51:04)

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