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In crisi dalle tasche al cuore
Di zia Manu (del 19/05/2011 @ 20:48:48, in Parliamo di...)

Le inchieste sociali, già una ventina di anni fa, segnalavano la difficoltà crescente dei giovani, dotati di eccellenti titoli di studio ma privi di autonomia economica, nell’affrancarsi dai genitori per formare una propria ed autonoma famiglia. Difficile costruire famiglie, altrettanto difficile demolirle; da anni si parla dell’impossibilità finanziaria per molte coppie di risolvere le proprie crisi con una dignitosa separazione, e della convivenza coatta imposta dalle circostanze e portata avanti fra dispetti e litigi.

Oggi però la carenza di lavoro e di denaro, il problema per tanti impellente di arrivare a fine mese con un reddito fisso, anzi “millimetrato”, si ripercuote su tutta la gamma dei rapporti umani (inclusi quelli parentali) e invece di stimolare vicinanza e solidarietà determina isolamento e solitudine. Sempre più spesso chi non ha soldi da tirar fuori nelle occasioni in cui è d’obbligo farlo, preferisce eludere il contatto con una rispettabile menzogna.

Accade sempre più spesso di declinare, con gentile fermezza, l’invito ad un matrimonio, ad una prima Comunione, ad una laurea o ad un compleanno per “cause di spesa maggiore”. Talvolta capita anche per le festicciole dei bambini, visto che un regalo non costa mai meno di 20-25 euro: si cerca di risparmiare raccogliendo le quote per un dono comune, ma ecco che anche i festeggiati tirano al risparmio….e ti capita l’invito ad una stessa festa fatta per due o tre bambini, con conseguente moltiplicazione degli importi-quota. La soluzione salvatrice è un mal di gola (o di orecchie, o di pancia….a seconda della stagione) miracoloso che si manifesta la mattina della festa e sparisce il giorno dopo: abbiamo risparmiato una trentina di euro, nostro figlio è inferocito ma fra un mese avrà dimenticato…..

Qualsiasi festa, ormai, si organizza solo in un locale pubblico, dal salone della scuola materna alla pista del night-club: affitto, musica, intrattenimento e buffet impongono una spesa ingente, e chi partecipa si sente in dovere di contraccambiare. I regali poi devono obbedire a certi canoni, avere certi requisiti: articoli griffati, prescelti, ordinati in lista, ultimo grido……insomma, o tanti soldi o niente, una via di mezzo pare che non esista. Chi di volta in volta è costretto a tirarsi indietro si ritrova fuori dal gruppo,e vista anche la difficoltà di incontrarsi, dribblando gli impegni quotidiani ed i loro ritmi convulsi, i rapporti sociali nel tempo appassiscono fino a scomparire.

Non sarebbe meglio infischiarsene del dono-immagine, della festa-ostentazione di importanza sociale e privilegiare il piacere autentico dello stare insieme? Non sarebbe meglio ridimensionare le pretese e capire che eventi e ricorrenze sono anzitutto occasioni per stare in compagnia, per godere della compagnia di quelli che amiamo? Non sarebbe meglio riscoprire il dono per quello che realmente dovrebbe essere, cioè un gesto di amore tanto più profondo quanto più personale?

Possibile che ci siamo tanto inariditi da non riuscire più a percepire l’importanza dello stare insieme? Perché questo dovrebbe essere lo scopo vero delle ricorrenze, con o senza obbligo di dono. Se continuiamo ad invertire i termini, come la mentalità consumista (che ormai sopravvive al mondo che l’ha creata) ci ha insegnato a fare, se insistiamo nel costruire cornici fastose ed incontri fasulli in nome delle gratifiche importanti, il nostro destino sarà quello di diventare sempre più soli. Soli e, naturalmente, ancora più vulnerabili di fronte a sempre maggiori guai.

 

        

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