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4 ruote di impotenza
Di zia Manu (del 21/07/2011 @ 17:15:56, in Parliamo di...)

                                                     Quante cose magnifiche offre il profondo Sud nella stagione delle vacanze! Mare cristallino, sole raggiante, scogliere impervie e distese di sabbia morbida e calda, fiori dai colori intensi e cibi deliziosi, testimonianze storiche ineguagliabili e riposo garantito.

Non mancano, come in tutte le cose, gli aspetti negativi: chi si aspetta il confort nei servizi pubblici spesso resta deluso, consuma rabbiosamente il suo tempo nell’attesa dei mezzi di trasporto, può restare facilmente (cosa non piacevole con 40 gradi all’ombra) senz’acqua e senza corrente elettrica. Ma non è questo il peggio: il peggio è raggiungerlo, il Paradiso…

Chi pensava al ponte sullo Stretto di Messina come alla soluzione miracolosa per collegare in modo rapido la Penisola alla Sicilia dimenticava (si spera in buona fede..) che per arrivarci, allo Stretto, bisogna percorrere un Calvario lungo più di 400 km: la A3, ovvero autostrada (quanto ottimismo in questa definizione…..) Salerno-Reggio Calabria. Vent’anni fa era già un tormento: il tratto silano accidentatissimo, interrotto da deviazioni che imponevano faticosi percorsi attraverso i paesini, svariati cambi di carreggiata con curve tortuose e pendenze pericolose, specie in caso di maltempo. Adesso la situazione è ancora peggiore: dalla Campania alla punta dello stivale si susseguono ben 16 grandi cantieri stradali, alcuni dei quali interessano tratti lunghi decine di chilometri. Tutti uguali: dalla doppia corsia si passa alla corsia singola per ciascun senso di marcia, quindi si serpeggia nella carreggiata a fianco, guidati dalle immancabili file di birilli e dagli spartitraffico provvisori di plastica o di cemento.

Non è possibile superare la velocità di 70 km orari, anzi è molto probabile che si cammini ancora più piano se in testa alla fila c’è un mezzo pesante o solo e semplicemente uno dei tanti furgoncini di fruttaroli ambulanti. Una vera prova di sopravvivenza sotto il solleone, mentre ai lati della mulattiera spiccano i materiali di lavori cominciati, è vero, ma destinati ad essere completati a beneficio delle prossime generazioni: graticci metallici ammonticchiati, gallerie troncate a metà come rigatoni di pasta cruda, collinette boscose e verdeggianti sventrate (ma qui le associazioni ambientaliste non mettono mai il naso?), poderose gru e mezzi d’opera che, quando si passa nelle loro vicinanze, sono sempre fermi e abbandonati. Qualsiasi osservatore “profano”, ignorante dei criteri di concessione degli appalti, dei progetti di lavoro e degli interessi locali, non può fare a meno di chiedersi perché le opere di rifacimento non siano portate avanti partendo dall’inizio della tratta autostradale interessata e procedendo verso la fine: a monte dei cantieri attivi vi sarebbe solo strada nuova, a valle solo vecchia, con una sola (sia pur grande quanto si vuole) interruzione di percorso. Sarà anche vero che tanti cantieri aperti in punti differenti offrono lavoro a più ditte, ma ai viaggiatori offriranno per svariati decenni disagi infiniti e motivo di malcontento.

Quando arriviamo allo Stretto, finita l’agonia della Calabria comincia quella del traghetto: ormai solo due navi fanno avanti indietro, e talvolta l’attesa per l’imbarco dura più di un’ora per l’automobilista inscatolato sotto il sole: anche senza far comparire il fatidico ponte con un colpo di bacchetta magica, basterebbero un paio di traghetti in più per risolvere tanti problemi.

Ed infine un ultimo assaggio della situazione stradale nella cosiddetta “altra Italia”: la viabilità locale. Le tratte autostradali che collegano i capoluoghi di provincia obbligano a percorsi più lunghi del necessario, ma almeno sono scorrevoli: guai  invece a chi, dopo aver consultato anche l’atlante più aggiornato, si avventura lungo le strade statali, o peggio provinciali; scarsa illuminazione, incroci ad angolo retto (spesso residuo dell’antica rete viaria agricola) privi di semafori e scarsamente segnalati, lunghi tratti ad una sola corsia dove basta un’ APE (eh sì, il “mitico” ciclo a tre ruote anni ’60 si incontra ancora spesso, sorta di residuato bellico carico di ferraglia o di verdure…) per imporre alla carovana di auto che seguono un’interminabile processione a 30 km orari…… Ed anche qui lavori, accompagnati da deviazioni forzose ed imprevedibili verso frazioni sconosciute, che fanno perdere l’orientamento regalando ore di canicola polverosa e micidiale in più.

Se c’è un settore per il quale Madre Natura ha particolarmente avvantaggiato il Sud Italia questo è proprio il turismo, ma non è certo così che lo si incentiva, anzi. Così si scoraggiano anche i più volonterosi, contribuendo ad alimentare l’immagine di un mondo isolato ed arretrato che non evolverà mai. E un’immagine del genere non conviene a nessuno: né ai politici, né agli amministratori, né tantomeno agli abitanti locali, privati di tante opportunità per incentivare un profitto onorevole ed onesto e per rendere luoghi nostri, unici ed incomparabili, competitivi anche a livello europeo.

 

        

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# 1
La Sicilia la si ama cosi' come e' . Mio marito, siciliano, dice che superato lo stretto sente un profumo , il profumo delle sue radici e riesce anche a non vedere tutti i problemi che superiamo per arrivarci
Di  pb  (inviato il 22/07/2011 @ 13:16:45)

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